Quando è finita la Fase 4 del Marvel Cinematic Universe con Black Panther: Wakanda Forever, abbiamo esultato pensando alle meraviglie che ci attendevano nel Multiverso. Così abbiamo caricato – involontariamente – Ant-Man and the Wasp: Quantumania di aspettative che la pellicola di Peyton Reed a nostro modesto parere non è in grado di soddisfare.
Paul Rudd torna a vestire i panni di Scott Lang (alias Ant-Man) nel terzo capitolo della mini-saga che porta il suo nome. La sua vita dopo Endgame va a gonfie vele: è ufficialmente un Avenger; è trattato da tutti come una celebrità; ha appena scritto un libro di successo, “Look Out for the Little Guy”(uscirà davvero nelle librerie a settembre); lui e Hope (Evangeline Lilly), alias Wasp, si amano alla follia; e ha riabbracciato finalmente sua figlia Cassie (Kathryn Newton).
Con questa descrizione da favola “e vissero tutti felici e contenti” viene da chiedersi come mai la Marvel abbia deciso di realizzare un terzo film di Ant-Man. La risposta risiede nella seconda parte del titolo della pellicola, Quantumania. Janet, la madre di Hope (Michelle Pfeiffer), ci parla del Regno Quantico con toni a dir poco minacciosi. D’altronde lei è stata intrappolata in quel mondo per ben 30 anni.
Il Regno Quantico viene descritto come «un luogo al di fuori del tempo e dello spazio». Non è particolarmente entusiasta di tornarci: «Sai quanto è pericoloso il Regno Quantico?», chiede a tutti, e rivolgendosi a sua nipote Cassie «Stai mandando un segnale giù nel Regno Quantico?». La vediamo terrorizzata ma non spiega a nessuno della sua famiglia – neppure a suo marito Hank Pym (Michael Douglas) – il motivo di tutta questa angoscia. Una scelta francamente incomprensibile che condannerà tutta la famigliola felice a venire intrappolata nel Regno Quantico. Ovviamente l’obiettivo è riuscire a tornare indietro.
Uno degli aspetti centrali e più azzeccati di Ant-Man and the Wasp: Quantumania è l’esplorazione del Regno Quantico, un luogo che ci viene mostrato in tutta la sua magnificenza. Le ambientazioni e le creature sono variegate e ricordano molto da vicino l’universo di Star Wars, con un bel pò di colore in più. Questa cosa non ci è affatto dispiaciuta (anche se ci rendiamo conto che non brilla troppo per originalità).
Nonostante possa sembrare l’elemento più importante del film, il Regno Quantico diventa secondario non appena entra in scena il vero protagonista di Quantumania, Kang il Conquistatore, il villain interpretato in modo convincente da Jonathan Majors già intravisto nella serie Loki. La sua iniziale pacatezza e tranquillità lo fa apparire ancora più minaccioso. La sua forza è incalcolabile e la dimostra con semplici gesti delle mani. È un personaggio difficilissimo da inquadrare e, se pensiamo che qui la sua storia è solo abbozzatta, avremmo voluto conoscerlo molto più a fondo. Ma questa è un’altra storia che verrà raccontata più avanti, magari in Avengers The Kang Dynasty.
Il vero problema di Ant-Man and the Wasp: Quantumania è la trama, come del resto nella maggior parte delle più recenti opere Marvel. È vero, si stratta del primo film di una nuova saga che si svilupperà nel corso degli anni, ma ci sono delle cose che non tornano e degli spiegoni che seppur importanti risultano incomprensibili. La caratterizzazione, le motivazioni e le azioni dei personaggi non sono all’altezza di un titolo così centrale. Stiamo parlando del primo film della Fase 5 del MCU, dannazione! Ci aspettavamo una cura maggiore anche nella scrittura dei dialoghi che andasse oltre al «ti voglio bene Cassie» oppure «non toccare mia figlia». Ci si aspetta un minimo di costruzione dei personaggi, non una semplice sfilata in attesa di futuri sviluppi.
Sappiamo che uno dei punti di forza di Ant-Man è la sua capacità di ingrandirsi e rimpicciolirsi a suo piacimento. Nei primi due film ambientati sulla Terra queste azioni sono messe in scena in modo efficace e spettacolare (vi ricordate quando entra negli oggetti o rimpicciolisce i palazzi?) con effetti speciali incredibili. Purtroppo in Quantumania, dove l’azione si svolge interamente nel minuscolo universo sub-atomico, la regia di Peyton Reed fatica tantissimo a valorizzare questo aspetto che risulta anzi confuso. L’effetto wow del microscopico e del gigantesco scompare lasciando spazio a dei pigri sbadigli.
Il 31° cinecomic del MCU intrattiene quanto basta ma lo fa con tanta superficialità e con una CGI non sempre all’altezza. Il tono della pellicola è equilibrato ma l’umorismo che da sempre caratterizza Scott Lang fa a cazzotti con i green screen e i buoni sentimenti della famiglia felice alla Mulino Bianco. E si sente parecchio la mancanza di una spalla comica. Michael Peña dove sei?.
Insomma Ant-Man and the Wasp: Quantumania non è un brutto film, ma non è il film che ci aspettavamo. La quinta fase del Marvel Cinematic Universe non inizia nel modo migliore ma ci sarà modo per giudicarla alla fine dei giochi. Sempre che Kang ce lo permetta.