Quando Netflix ha annunciato l’uscita del nuovo film di Zack Snyder, Army of the Dead, siamo andati fuori di testa. E per rendere l’attesa meno dolorosa ci siamo rivisti il suo primo “capolavoro” L’alba dei morti viventi, non certo un’opera illustre ma considerata un degno omaggio al Maestro del genere, Romero.
Purtroppo quello che ci siamo trovati davanti è un film che tenta in tutti i modi di reinventare il genere ma che fallisce su quasi tutti i fronti. Senza dubbio salviamo la sequenza iniziale che racconta in modo variopinto cosa è successo a Las Vegas. Poteva essere un bellissimo cortometraggio di 15 minuti ed invece precede un film molto lungo che a parte la tigre zombi non ci regala grandi emozioni.
La storia è presto detta: Bly Tanaka (Hiroyuki Sanada) convince l’ex mercenario Scott Ward (Dave Bautista) ad entrare nella città infestata dagli zombi per scassinare il cavò di un casinò, prima che venga raso al suolo da una bomba atomica. Lo step successivo del film è il reclutamento della squadra per compiere questa folle impresa.
Parte essenziale del film – perché carne fresca da dare impasto ai non morti – è il gruppo di mercenari: la tosta meccanica Cruz (Ana de la Reguera), Kate la figlia di Scott (Ella Purnell), l’ex soldato Vanderohe (Omari Hardwick), il pilota di elicotteri Peters (un Tig Notaro che ruba la scena), il brillante ed eccentrico scassinatore Ludwig Dieter (Matthias Schweighöfer) e altri che non ricordiamo. Anche se gli sceneggiatori si sono dimenticati di scrivere le parti relative ai personaggi, ogni volta che Vanderohe e Dieter si punzecchiano, scatta la scintilla e la risata è assicurata. Insomma loro due funzionano alla grande.
Nel bene e nel male, in Army of the Dead, Snyder è libero di sperimentare e – come è nel suo stile – esagerare; forse è proprio questo il punto debole del film. Le quattro ore di Justice League vi sembreranno niente a confronto. La sua regia si nota in ogni scena e stacco di camera, che vi piaccia o no: dalle azioni più epiche ai corpi fatti a pezzi, dagli inutili e ripetitivi slow-motion ai dialoghi banali e super piatti (non che ci aspettassimo Shakespeare). Tuttavia, quando il film funziona, funziona anche bene, soprattutto quando il regista si appoggia ad un umorismo cupo e tagliente, con scene d’azione degne di 300.
Finalmente dopo quasi un’ora di attesa entriamo nel vivo dell’azione e Snyder ci mostra compiaciuto il nuovo mondo guidato dagli zombi 2.0, evoluti rispetto a quelli che Romero aveva inventato 50 anni prima con La notte dei morti viventi. Ovviamente è facile scorgere riferimenti a quel tipo di cinema ma ci sono anche rimandi a film come Io sono Leggenda, molto più votati all’action puro.
Ci sono tre tipi di zombi: quelli “normali” lenti, quelli forti e veloci, e quelli “alfa”, il meglio del meglio, che regnano su tutti gli altri e sulla città (questo aspetto è estremamente interessante ma non viene sviluppato). E, naturalmente, c’è quella fantastica tigre zombi (Valentine) vista nel trailer riprodotta benissimo in computer grafica. I leader del nuovo mondo meriterebbero un film a parte ed infatti Netflix ha lasciato carta bianca a Snyder per sviluppare un universo cinematografico dedicato proprio a queste creature.
Army of the Dead può sembrare interessante in superfici, con colpi di scena potenzialmente rivoluzionari per il genere, ma si trasforma rapidamente in un sparatutto con personaggi usa e getta che compiono scelte assurde. Mentre l’aspetto sociale sugli zombi è molto affascinante, il film finisce per prendersi troppo sul serio e si dimentica di quanto dovrebbe essere divertente. Se le premesse sono queste il progetto su larga scala potrebbe avere vita breve.