BABY REINDEER | Recensione della serie tv Netflix

Baby Reindeer è una serie da vedere. Nonostante sia cruda, spietata, a volte insostenibile. Lo è per la sua sincerità, per la verità che racconta senza peli sulla lingua, per l’onestà con cui supera la vergogna di una storia eccessiva, eppure verissima. Sì, perché Baby Reindeer mette a nudo la vita reale di Richard Gadd, creatore, sceneggiatore, produttore e attore protagonista della miniserie Netflix.

Attraverso un serrato montaggio fra presente e passato, confessioni e ricordi, ripensamenti e scoperte, l’aspirante comico Donny Dunn ci butta subito dentro la sua storia. Si crea subito quel senso di straniamento che rende difficile rimandare la visione di una nuova puntata, tanto è impellente la necessità di capire fino in fondo dove vuole andare a parare.

Donny non se la passa bene. Fa il barista a Londra per pagarsi l’affitto mentre tenta di diventare un comico famoso, anche se nessuno ride agli spettacoli per esordienti a cui partecipa. Vive con la madre della sua ex fidanzata, incapace di darle una delusione dopo la perdita del figlio maschio, col quale lei sembra averne rimpiazzato in qualche modo la presenza. 

È proprio questo il problema principale di Donny Dunn. È un ragazzo empatico. Così tanto da perdere il lume della ragione, il contatto con sé stesso, la capacità di distinguere cos’è bene per lui, la lucidità per capire dove gli altri stanno sbagliando e quando è il momento di denunciare, perché il limite è stato superato. Quando incontra persone cattive e malate, Donny non ha il coraggio di scappare, o mettere un punto alla follia nella quale viene trascinato e travolto. Mosso da buone intenzioni, è attratto dal risvolto positivo che la perversione porta nella sua vita. 

Prima di tutto Martha, la stalker incallita che riesce ad adescarlo col suo sorriso. Una donna che lui considera sempre schietta e travolgente. Questo nonostante l’ossessione che arriva a mostrargli in pochissimo tempo, fra mail sgrammaticate, appostamenti, inseguimenti e intrusioni nella vita delle persone a lui più vicine. Ma Donny preferisce allontanare gli altri piuttosto che lei, arrivando a sacrificare anche Teri, l’unica persona verso la quale sente un desiderio sincero e reale. La sua attrazione per Martha è una sorta di autoanalisi maldestra e poco riuscita. Tenta di intuire cos’è che lo spinge nelle braccia di persone affette da delirio di onnipotenza. 

Come Darrien, il mostro di un passato non troppo lontano, che lo ha adescato con la promessa di un lavoro in un noto programma comico. Ingaggio che non è mai arrivato, nemmeno dopo l’alcol, la droga e gli abusi sessuali. Perché Donny è un ragazzo fragile. Si vede riflesso negli occhi degli altri e quando immagina di scorgere una luce fa cadere ogni limite, o amor proprio che dir si voglia. Accetta qualsiasi richiesta di chi gli sta di fronte, mosso semplicemente dalla speranza di poter trovare realizzazione per i sogni che tiene nel cassetto. Sogni che non realizzerà mai nel momento in cui scende a compromessi col male.

Ecco, Baby Reindeer è una vera discesa agli inferi. Un accumularsi incessante di disturbi mentali, sessuali e relazionali che lasciano il segno e trascinano la mente di chi guarda nelle perversioni dello stesso Donny. Un uomo che non sa mai dire di no, che non sa trovare un punto al dolore nel quale si butta a capofitto, che non sa distinguere il bene vero dal male che manipola e distorce. Eppure anche lui sarebbe da detestare, per questo lassismo da cui non riesce a emergere, nemmeno quando lo getta nell’oscurità più profonda e inconcepibile. Il suo sogno di far ridere la gente diventa allora una beffa, una congiura per una persona che non ha ancora affrontato la tristezza e il buio che cova dentro. Nell’istante in cui deciderà di parlare apertamente e confessare la sua verità, troverà il momento della liberazione e del successo conclamato.

Recensione di Elisa Scaringi

Autore dell'articolo: Francesco Vannutelli