beau ha paura recensione

BEAU HA PAURA | Recensione del film di Ari Aster

Beau ha paura è il terzo attesissimo lungometraggio diretto da Ari Aster e prodotto dalla A24. Dopo i successi di Hereditary (2018) e Midsommar (2019), il regista ha avuto carta bianca e un budget elevato per sviluppare il film che rappresentasse in maniera totale la sua visione.

Partendo da un’idea inizialmente messa in scena in un corto del 2011 intitolato proprio Beau, che vi consigliamo di recuperare, Aster sviluppa una sceneggiatura folle, disorientante, inquietante e grottesca. Interpretato dal sempre ottimo Joaquin Phoenix, Beau deve andare a trovare la mamma, con la quale ha un rapporto complesso, il giorno dell’anniversario della morte del padre. Un semplice viaggio diventa un’odissea allucinante, dove il nostro protagonista calato in una realtà distopica e violenta vive e rivive i suoi drammi legati al passato e al futuro, in situazioni difficilmente decifrabili sempre al confine tra realtà e immaginazione. L’esposizione del dramma familiare, fil rouge delle opere del regista, prende totalmente la scena e travolge completamente la sceneggiatura lasciando lo spettatore disorientato. Se all’inizio si prova a dare un senso a ciò che si sta vedendo, ben presto si capisce che bisogna lasciarsi trasportare dal film senza opporre resistenza.

Nonostante la visione risulti complessa e le tre ore di durata certamente non aiutino, Aster riesce a trasmetterci un’ampia gamma di emozioni e riflessioni profonde. Il problema è che non tutti gli spettatori accetteranno il compromesso e le critiche pioveranno per un progetto che forse, come in maniera un po’ arrogante ammesso dallo stesso regista, verrà compreso solo tra molti anni. Più che un film un’esperienza da vivere intensamente a mente aperta.

(Beau ha paura di Ari Aster. 2023, drammatico, 179′)

Recensione di Vito