La vita di Mark Hogancamp (Steve Carell) è stata completamente stravolta e devastata da un brutale pestaggio che lo ha quasi ucciso. Grazie alle cure delle sue amorevoli donne, Roberta (Merritt Wever), Caralala (Eiza González) e Anna (Gwendoline Christie) è tornato a una vita quasi normale. Ciò che ama e riempie le sue giornate è fotografare un villaggio in miniatura della seconda guerra mondiale (Marwen) che ha costruito nel giardino di casa, popolato da bambole che hanno l’aspetto delle persone della sua vita. Quando all’improvviso vede arrivare una nuova vicina di casa dall’altra parte della strada di nome Nicol (Leslie Mann) che entrerà a far parte del suo fantasioso villaggio, Mark dovrà decidere se aprire ancora il suo cuore: tra momenti di imbarazzo e giramenti di testa improvvisi.
Il primo impatto con Benvenuti a Marwen è di quelli che non ti aspetti, perché lo spettatore è subito catapultato nel mondo dei personaggi in CGI, che pur avendo un aspetto da Barbie (soprattutto le donne di Marwen) assomigliano in modo impressionante alle persone della vita reale del protagonista (niente stop-motion!). Il regista Robert Zemeckis, famoso per film cult come Ritorno al futuro e Forrest Gump, e per i film d’animazione (non proprio memorabili) Polar Express e La leggenda di Beowulf dove l’uso della “prima” CGI aveva un effetto freddo e straniante, ha fatto davvero passi da gigante mischiando in maniera magistrale scene in live-action ed effetti speciali, rendendo credibili sia le sequenze d’azione sia quelle romantiche, con un’attenzione maniacale ai primi piani delle bambole e ai loro corpi di plastica. Zemeckis mostra anche la sua bravura come regista nel modo in cui costruisce gradualmente il mondo di Mark mentre impariamo a conoscerlo e scopriamo cosa gli è successo. Il visionario regista mantiene un perfetto equilibrio tra il mondo fantastico, dove il protagonista non ha paura di niente e di nessuno, e la realtà dove invece è fragile e introverso, in modo coinvolgente e intrigante ma anche superficiale e sbrigativo.
C’è tanta bontà (forse troppa) nei personaggi (veri e finti) di Benvenuti a Marwen che ci ha un po’ annoiato e deluso. Anche l’ambientazione della seconda guerra mondiale per le scene animate, che dovrebbe suscitare un altro tipo di sentimenti, ha un tono giocoso e familiare che non si rivela mai minaccioso anche nei momenti più concitati e “pericolosi”. A Marwen come nella realtà Hogie, l’alter-ego di Mark, si trova ad affrontare persone cattive che non sono mai una vera minaccia. Nella realtà ciò che lo fa stare male è il ricordo del passato e non riuscire a comprendere i motivi di quell’odio che viene interiorizzato e scatena la decisione di colpevolizzare se stesso.
La prova di Steve Carell, introverso, timido e impacciato, ricorda per certi versi il suo precedente ruolo in Little Miss Sunshine (Frank). L’attore, famosissimo per la sua comicità, si sta allontanando sempre più dal genere che l’ha fatto conoscere al grande pubblico e si sta costruendo una carriera molto solida da attore drammatico (chi l’avrebbe mai detto!). I ruoli femminili sono stati sacrificati già al momento della scrittura; sono semplici “strumenti” al servizio di Mark e Hogie per raggiungere il loro scopo: la felicità. Leslie Mann (Nicole) e Merrit Wever (Roberta) si mettono in mostra con prove convincenti che rendono più giustizia al ruolo che Zemeckis concede alla donne di Marwen.
Benvenuti a Marwen ha una visione troppo semplicistica del mondo quello sì reale, in cui le persone buone sono premiate e il male è punito. Manca di complessità e profondità ed è quasi infantile nella sua innocenza e nella sua ricerca della felicità. Eppure ci sono momenti (a dire il vero pochi) molto emotivi, toccanti e scioccanti che ci hanno “risvegliato” (scena del tè e della tortura). Il film ha due grossi problemi non trascurabili dal nostro punto di vista: la rappresentazione delle donne è problematica e si tocca il concetto di identità sessuale senza però esplorarlo completamente. Zemeckis gioca con i suoi fan inserendo dei riferimenti ai suoi film passati come la DeLorean, e fa alcune scelte stilistiche interessanti, per esempio spostando la telecamera durante una scena molto triste, permettendo ai personaggi di godere di un momento di intimità.
Mentre si ammirano l’ottimismo e il buonismo dell’opera, ci sono elementi non secondari di Benvenuti a Marwen che non sono approfonditi quanto meriterebbero. La dolcezza del racconto ha trasformato una vicenda personale drammatica in una fiaba per bambini dove sì i buoni vincono sempre.
(Benvenuti a Marwen, di Robert Zemeckis, 2018, biografico, 116′)