A quasi vent’anni dal capolavoro Buongiorno, notte, Marco Bellocchio torna su una delle pagine più oscure della storia italiana: il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro. Lo fa con Esterno notte, un progetto ibrido che unisce cinema e serialità televisiva.
In contemporanea con l’apprezzata presentazione a Cannes arriva nelle sale la prima parte di Esterno notte, versione cinematografica che raccoglie i primi tre episodi della miniserie. Il secondo frammento arriverà in sala il 9 giugno, mentre la serie andrà in onda su Rai Uno in autunno.
Nel tornare a interrogarsi sul rapimento del presidente della DC da parte delle Brigate Rosse e sui successivi 55 giorni di prigionia, Bellocchio ha trovato per Esterno notte un potente alleato in Fabrizio Gifuni. L’attore romano ha già interpretato Moro al cinema in Romanzo di una strage. È soprattutto lo spettacolo teatrale Con il vostro irridente silenzio, però, che gli ha permesso di trasformarsi nel presidente. Un lavoro accurato di ricerca sulle lettere dalla detenzione, che ha scolpito la voce e il corpo di Gifuni fino a renderlo tutt’uno con Aldo Moro.
Già dal trailer Esterno notte aveva impressionato per l’incredibile livello di immedesimazione degli interpreti e per il dettaglio della ricostruzione storica. A vedere ora questa prima parte non si può fare a meno di apprezzare la vastità dell’opera di Bellocchio.
Questi primi tre episodi seguno tre personaggi diversi. Moro è il protagonista del primo, nei giorni precedenti all’attentato e poi al momento dell’attacco. Francesco Cossiga è al centro del secondo, tormentato amico e ministro degli interni alle prese con il rapimento. Nel terzo, Toni Servillo ci mostra un papa Paolo VI sofferente nel corpo e nello spirito per la sorte del rapito.
Rispetto a Buongiorno, notte incentrato sui brigatisti, Bellocchio moltiplica qui i punti di vista. Esterno notte è il racconto di un intero paese alle prese con l’inimmaginabile. Le conseguenze del sequestro arrivano come un’onda sulle figure più eminenti della politica italiano. Li paralizzano e gettano nel terrore.
Nel suo racconto, Marco Bellocchio lascia tanto spazio alla dimensione privata. Quello che emerge è la solitudine di tutti i protagonisti. Moro, Cossiga, il papa sono soli nel loro affrontare la notte. Questa solitudine personale è un simbolo dello spaesamento generale, dell’impotenza feroce che ha paralizzato la storia e l’ha fatta deviare.
Come maestro del cinema, Bellocchio ha saputo sintetizzare la lezione del passato dei film impegnati con le più recenti intuizioni di cineasti come Paolo Sorrentino. Vengono in mente soprattutto Il divo e The Young Pope.
Come già in Il traditore, Bellocchio conferma in Esterno notte la sua assoluta padronanza di un linguaggio cinematografico contemporaneo e innovativo. Qui addirittura, a 83 anni, si inventa un formato narrativo perfetto per la televisione, grandioso nella sala cinematografica.