JOKER | Recensione del film con Joaquin Phoenix

Chi si aspettava un simile successo per Joker? Prima il Leone d’oro a Venezia, poi una serie di incassi strabilianti che lo hanno portato già sopra i 600 milioni di dollari totali in tutto il mondo. Non male per un film con un budget “piccolo” di soli 55 milioni di dollari.

L’attesa e la curiosità per il film erano alte. Il Joker è uno dei cattivi più celebri della storia dei fumetti; al cinema è stato interpretato (quasi) sempre da grandi attori ed è stato l’unico ruolo di un cinecomic premiato con l’Oscar, quello postumo a Heath Ledger per Il cavaliere oscuro di Christopher Nolan. Il casting di Joaquin Phoenix per la parte, insieme a Robert De Niro, hanno spinto l’attenzione di pubblico e critica alle stelle.

Dopo una serie di passi falsi sulla strada del buon cinema, la DC Comics e la Warner Bros hanno creduto a Todd Philips e hanno deciso di ripartire da capo cercando un modo nuovo di sfruttare il materiale glorioso degli albi a fumetti dell’universo di Batman.

Il risultato è un prodotto cinematografico completamente inedito, che non è un cinecomic e non è un film d’autore. Non è un cinecomic perché non ha nulla delle caratteristiche del genere: manca l’azione, mancano gli effetti speciali, mancano i combattimenti. Philips si è spinto ben oltre il confine a cui erano arrivati altri cinefumetti meno convenzionali come la trilogia del Batman di Nolan, Spider Man 2 di Sam Raimi o Iron Man 3 nello scavo psicologico del protagonista.

Joker parla di un disadattato, Arthur Fleck (personaggio mai comparso nei fumetti), che sogna di diventare un comico nella Gotham City dei primi anni Ottanta. È un alienato sociale, con disturbi psichici, preda di incontrollabili attacchi di risate quando è sotto pressione. Vive con la madre ossessionata dalla famiglia Wayne e sogna di partecipare allo show del presentatore Murray Franklin. Dopo aver perso il lavoro la sua paranoia precipita in una spirale incontrollabile.

Il risultato è un film a tutti gli effetti drammatico, senza dinamiche di thriller o di spettacolo. La discesa nella pazzia di Fleck è cruda, spietata, disperata. Più che i classici cinecomic vengono in mente alla visione film come Taxi Driver, Re per una notte, Quinto potere, Requiem for a Dream. Film di paranoia e degrado. Todd Philips e il co-sceneggiatore Scott Silver non hanno rinunciato, però, a piazzare il loro personaggio nell’universo fumettistico della DC Comics. Non hanno avuto il coraggio, diciamo così, di fare un film senza il supporto che la curiosità degli appassionati di fumetti gli avrebbe garantito. E alla fine sono proprio i riferimenti al mondo di Batman i passaggi che funzionano di meno nel film, che risultano meno naturali.

È questo il limite che ci sentiamo di riconoscere a Joker: si allontana dal cinecomic classico, prova la strada del cinema d’autore, ma non va in fondo da nessuna parte. Rimane in superficie senza approfondire nessun argomento, che sia la pazzia, che sia la società, che sia la natura del personaggio. È un film pieno di momenti e spunti con un potenziale altissimo, ma che restano alla fine isolati l’uno dall’altro.

Basta però la grandissima interpretazione di Joaquin Phoenix per far entrare il Joker di Todd Philips nella storia del cinema. Phoenix ci ha abituati da sempre a performance di grande fisicità. Qui va oltre i limiti che lui stesso aveva fissato in The Master. Il suo Arthur Fleck è un personaggio vivo, animato da una disperazione autentica e senza scampo.

(Joker, di Todd Philips, 2019, drammatico, 122’)