Jurassic Park è uscito al cinema nel 1993. Nel corso di quasi trent’anni, il film di Steven Spielberg ha cambiato per sempre l’industria cinematografica e ha segnato l’infanzia di molti spettatori. Nel 2022 arriva in sala Jurassic World: Il dominio, il terzo e conclusivo film della saga reboot Jurassic World. La storia della nuova avventura giurassica si svolge quattro anni dopo la distruzione di Isla Nublar. Con i dinosauri che ora vivono – e cacciano – tra gli umani, il pianeta è sull’orlo di una carestia causata dalla cospirazione biochimica della multinazionale Biosyn. L’azienda ha trovato il modo di ibridare il DNA delle locuste con sangue giurassico in modo che divorino tutte le piantagioni, tranne quelle coltivate con semi Biosyn.
Jurassic World: Il dominio tenta di abbracciare lo spirito della prima trilogia e mette al centro della storia le brutali conseguenze delle ambizioni umane. Il risultato, però, è molto lontano. Il problema più evidente del film di Colin Trevorrow è l’eccesso di identità. C’è l’avventura preistorica, il film d’azione alla Fast and Furious, la spy story industriale, la commedia con messaggi ecologici. Di tutto questo, solo il fattore nostalgico funziona. In effetti, l’intero film si poggia sul passato. Un altro enorme problema è la sceneggiatura del trio Emily Carmichael (Stryka), Derek Connolly (Monster Trucks) e dal regista Colin Trevorrow (Jurassic World: Il regno distrutto). La storia è debole e poco coerente con il passato, in poche parole non appassiona. In fondo, gli sceneggiatori dovevano porsi una sola domanda: in un mondo in cui convivono uomini e dinosauri, qual è la strada migliore per il film?
Questioni ecologiche, questioni morali e politiche sulla convivenza tra specie e sullo sterminio di quelle più pericolose per l’uomo. Tante considerazioni appena accennate. Il film sceglie anche di inserire una cospirazione biochimica, poco coerente con il contesto e la storia del franchise.
Per movimentare un po’ la visione, la sceneggiatura crea due storie parallele. Da una parte tornano i personaggi originali del classico del 1993: Ellie Sattler (Laura Dern), Alan Grant (Sam Naill) e Ian Malcolm (Jeff Goldblum). Dall’altra ci sono i protagonisti del reboot Owen (Chris Pratt) e Claire (Bryce Dallas Howard). La decisione creativa funziona, ma è innegabile che uno degli archi narrativi è sviluppato meglio dell’altro. L’inserimento di nuovi personaggi nel franchise avviene in maniera grossolana e senza alcuna senso. Il cattivo e le sue motivazioni sono così fragili da irritare, mentre il personaggio di Kayla interpretato da DeWanda Wise funziona abbastanza bene solo nelle scene più movimentate.
La trama migliora solo quando interagiscono i nuovi e i vecchi personaggi. I rapporti tra i due gruppi funzionano in modo naturale e sono anche abbastanza divertenti, grazie soprattutto allo storico trio che ammicca continuamente al passato. Le scene con i dinosauri sono spettacolari ma non fanno gridare al miracolo, cosa che forse lo spettatore si aspetterebbe dalla computer grafica odierna. Le differenze con i dinosauri meccanici quando utilizzati si notano eccome. Non mancano alcune scene ad alta tensione e ben girate fuori dai canoni di Jurassic World. L’inseguimento in moto tra le strade di Malta e lo schianto di un aereo su un lago ghiacciato sono più vicine ai quei film action di cui parlavamo prima.
Le connessioni di Jurassic World con Jurassic Park sono fondamentali per l’effetto nostalgia alimentato da easter egg e citazioni che entusiasmeranno i fan di vecchia data. Il momento più emozionante è rivedere Laura Dern (Big Little Lies) nei panni del Dr. Ellie Sattler, Sam Neill (Peaky Blinders) come Alan Grant e Jeff Goldblum (Thor: Ragnarok) come Ian Malcolm, anche se il pathos è smorzato da una messa in scena poco brillante.
Jurassic World: Il Dominio è un viaggio lungo ed estenuante che sopravvive grazie al carisma del cast originale per raccontare una storia debole. La sensazione che si prova al termine della visione è che l’ultimo film di una saga così leggendaria avrebbe meritato una conclusione diversa.