La Seconda Guerra Mondiale ha sempre suscitato un forte fascino sul cinema, soprattutto quello anglosassone che ha raccontato spesso il conflitto senza mostrarlo. Il discorso del Re, The Imitation Game e L’ora più buia sono solo alcuni degli esempi più famosi.
Ora si aggiunge al lungo elenco anche L’arma dell’inganno – Operazione Mincemeat che prende spunto da un episodio poco conosciuto della guerra. Una storia che potrebbe sembrare del tutto inventata se non fosse, in effetti, realmente accaduta. Basato su un libro di Ben Macintyre, racconta gli eventi legati all’omonimo piano condotto nella primavera del 1943 dai servizi anglo-americani per depistare l’esercito nazista. Ewen Montagu (Colin Firth) e Charles Cholmondeley (Matthew Macfadyen) sono i due ufficiali dell’intelligence di sua maestà alla guida della missione. Un’operazione che consisteva nel far arrivare false informazioni a Hitler sullo sbarco delle truppe in Grecia sfruttando il corpo di un cadevere.
Diretto da John Madden, già candidato all’Oscar per la regia di Shakespeare in Love, il film risulta avvincente con punte di umorismo inglese.
L’arma dell’inganno – Operazione Mincemeat riesce a bilanciare il dramma e il peso di una guerra brutale con momenti romantici e bizzarri (la scena in cui Firth tenta di fotografare un cadavere seduto è spassosa).
L’aspetto più interessante del film è la ricostruzione del lavoro meticoloso del gruppo mentre pianifica con cura il piano, senza tralasciare i momenti di difficoltà e sconforto.
L’atmosfera di una Londra in tempo di guerra aiutano lo spettatore a immergersi nella spy-story che punta forte sull’interpretazione di un cast decisamente all’altezza. Colin Firth e Matthew Macfadyen non hanno bisogno di elogi particolari. Manifestano senza esagerazione il loro rapporto conflittuale. Sebbene i caratteri dei loro personaggi siano così diversi, sono uniti dal senso del dovere nei confronti della patria, ed è quanto basta.
Oltre ai due protagonisti, abbiamo anche Simon Russell Beale nei panni del solito scorbutico Churchill, Johnny Flynn a interpretare il giovane ufficiale di marina Ian Fleming, pochi anni prima dell’invenzione di James Bond, anche in qualità di voce narrante, e Kelly Macdonald, che regala un po’ di svago e un pizzico di romanticismo. Quello che manca al film, però, è la tragedia, il pericolo, la sorpresa, o almeno uno dei tre aspetti. In sostanza, è la storia di un “elaborato inganno”, e una volta lanciata l’esca, allo spettatore resta solo la noia nell’attesa che i nazisti abbocchino. E quando succede, non è un momento particolarmente memorabile.
Il ritmo serrato, inoltre, è interrotto anche da un triangolo amoroso tra i tre protagonisti che risulta leggermente forzato. La sensazione, infatti, è che le oltre due ore di durata siano troppe. Le storie secondarie risultano poi trascurabili, senza aggiungere nulla all’intreccio principale, che basta e avanza. Sono comunque delle sbavature che non incidono sulla qualità generale della pellicola. L’arma dell’inganno – Operazione Mincemeat risulta godibile e, cosa più importante, in grado di raccontare in modo avvincente e scrupoloso una vicenda poco conosciuta che ha contribuito a cambiare le sorti della Seconda Guerra Mondiale.