L’assedio di Waco | Recensione della docu-serie Netflix

Fanatismo religioso e armi sono al centro della docuserie Netflix L’assedio di Waco.

Negli Stati Uniti proliferano in abbondanza movimenti religiosi di ogni tipo. Il multiculturalismo ha avuto un ruolo importante per la storia di questa parte di continente americano. Fin dalla colonizzazione, infatti, anglicanesimo, cattolicesimo, protestantesimo ed ebraismo si sono diffusi con particolare facilità, rappresentando le religioni di maggior rilievo fino ai tempi moderni, quando la secolarizzazione ha lasciato molto posto a buddismo, islam e induismo.

La stessa Costituzione, al primo emendamento, afferma che «il Congresso degli Stati Uniti d’America non promulgherà alcuna legge che istituisca una religione di Stato o che vieti il libero esercizio di qualsiasi fede o che riduca la libertà di parola o la libertà di stampa o altresì il diritto della gente di riunirsi in modo pacifico e di inviare una petizione al governo per porre rimedio a rimostranze».

In questo fermento di movimenti e religioni in continuo divenire, nel 1955 si costituirono ufficialmente i Davidiani, scismatici della Chiesa avventista del Settimo Giorno. Nati dal messaggio di Victor Houteff, considerato eretico già negli anni Trenta del Novecento, assunsero il nome di General Association of Davidian Seventh day Adventists nel 1942. Come sede del loro quartier generale scelsero la città di Waco, in Texas. Ed è proprio qui che il movimento conobbe la sua fioritura e il suo declino, passando alla storia per la tragica vicenda del 1993. Trent’anni più tardi la docuserie Netflix L’assedio di Waco ricostruisce la vicenda in tre puntate.

Dopo la morte del fondatore vi fu una spaccatura interna al gruppo. Nacquero così Branch Davidians – Ramo dei Davidiani – diretto inizialmente dalla famiglia Roden. Nel 1983, David Koresh, pseudonimo di Vernon Wayne Howell, promosse la scissione dei suoi seguaci. Si autoproclamò il nuovo messia e reclamò la proprietà del Mount Carmel Center dopo l’espulsione inflittagli da George Roden, figlio dei fondatori. Quattro anni più tardi, David Koresh e sette dei suoi seguaci organizzarono un vero e proprio assalto militare per ottenere il controllo del Mount Carmel Center. Ci riuscirono solo nel 1989, quando la polizia arrestò Roden con l’accusa di omicidio e Koresh divenne leader della setta.

Paradossalmente, non sono la fede o il pensiero religioso al centro della vita dei davidiani, ma le armi. Oltre ai fatti violenti del 1987, anche l’assedio di Waco che dà il titolo alla serie scaturì da una volontà non proprio pacifica. La polizia arrivò il 28 febbraio 1993 per perquisire il Mount Carmel Center sulla base di diverse ipotesi di reato, quali possesso illegale di armi, abuso di alcol e droga, pedofilia. Ne nacque però un conflitto a fuoco che causò la morte di 6 davidiani e 4 federali, oltre al ferimento di altre 16 persone.

Da quel giorno ebbe inizio l’assedio, ricostruito dalla docuserie Netflix, unendo insieme materiale d’epoca e testimonianze dei sopravvissuti. Fino al tragico epilogo, dopo 51 giorni di tensione. Il 19 aprile 1993 FBI e Delta Force lanciarono gas nella struttura, direttamente dai carri armati, per indurre i davidiani a consegnarsi. Ne scaturì un incendio impossibile da domare. Persero la vita 76 persone, fra cui più di 20 bambini, due donne in gravidanza e lo stesso David Koresh.

A stupire di più di questa docuserie è la devianza settaria di un pensiero tutt’altro che religioso. Il capo ai sichiara in contatto diretto con Dio ma allo stesso tempo sposa una ragazzina di 14 anni ed è capace di mandare al martirio uomini, donne e bambini. Un martirio che non è legato però alla redenzione, ma all’oscurità più inquieta e grottesca. All’interno del centro vennero ritrovate centinaia di armi automatiche, segno di un mancato pacifismo ben lontano da quei valori cristiani in cui i davidiani hanno cercato di inserirsi.

Recensione di Elisa Scaringi