Premiato all’ultima Mostra del cinema di Venezia con la Coppa Volpi per l’interpretazione di Luca Marinelli, Martin Eden di Pietro Marcello è un film innovativo e coraggioso, capace di sovvertire il linguaggio del cinema d’autore mentre si spinge verso terreni poco esplorati.
Martin Eden è un romanzo di Jack London pubblicato oltre un secolo fa, nel 1910. Racconta la storia di un marinaio, Martin appunto, e della sua ambizione di diventare uno scrittore.
Marcello ha trasferito la storia dalla California alla Campania. Martin è sempre un marinaio mercantile che vive alla giornata, conquista donne, e finisce in risse. È proprio dopo aver difeso un ragazzo da un’aggressione che conosce Elena, figlia dell’alta borghesia colta e raffinata. L’attrazione è fortissima, come lo è il desiderio di Martin di leggere e conoscere sempre di più.
Grazie ai consigli di Elena comincia a formarsi una cultura e cresce in lui il sogno di diventare uno scrittore. I tentativi falliti sono tanti, mentre la famiglia di Elena diventa sempre più insofferente al legame tra i due. Martin diventa uno scrittore famoso, ma il successo, la cultura e la ricchezza non gli portano la felicità sperata.
Quello che era sorprendete del romanzo di London era la capacità di sintetizzare, e in parte anticipare, pensieri e movimenti che avrebbero poi determinato il secolo appena iniziato. Animato da un sincero socialismo, l’autore di Zanna bianca aveva costruito un personaggio che sintetizzava il bisogno di riscatto sociale di classi sfruttate e la loro frustrazione per una mancata rappresentanza.
Il regista di Bella e perduta è riuscito nella sua versione cinematografica a sintetizzare un secolo. Il Martin Eden del 2019 non si pone in un periodo storico preciso. I fatti lasciano intendere che siamo nel ventennio tra l’ascesa del fascismo e l’inizio della seconda guerra mondiale, ma gli elementi di scena – vestiti, macchine, accessori – sembrano spingere il tempo più avanti.
La Storia, intesa come ordine consequenziale dei fatti, non sembra interessare al regista. Ne sono una prova ulteriore le affascinanti immagini di repertorio che si alternano alla finzione scenica. Una fusione perfetta, per tematiche e tecnica.
La gigantesca interpretazione di Marinelli, sempre più grandissimo interprete, fa brillare il film. Le trasformazioni di Martin Eden passano sul suo corpo, prima vigoroso e arrogante, poi consumato e stanco.
Pietro Marcello è riuscito a innovare il linguaggio senza perdere di vista gli esempi del passato – Luchino Visconti, soprattutto. Questo Martin Eden rappresenta un importante passo avanti per il cinema d’autore italiano.