Povere Creature! è l’ultimo film di Yorgos Lanthimos tratto dall’omonimo romanzo di Alasdair Gray, già vincitore del Leone d’Oro, di due Golden Globe ed atteso come grande protagonista anche per la notte degli Oscar.
Il regista porta sullo schermo la storia di Bella Baxter (Emma Stone), donna incinta suicida riportata in vita dal chirurgo Godwin Baxter (Willem Dafoe), scienziato “frankensteiniano” autore ma che a sua volta era stato vittima di folli interventi. Bella che si comporta come se fosse una bambina (vi lasciamo il gusto di scoprire il perchè al cinema) diventa la creatura esperimento del dottore e inizia velocemente a rendersi conto della realtà attorno a lei.
La scoperta della sessualità e la voglia dirompente di vedere il mondo, la portano a scappare con l’avvocato donnaiolo Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo) dalla gabbia protettiva in cui volevano contenerla Godwin e il suo assistente Max McCandles (Ramy Youssef), a cui era stata promessa in sposa.
Nessun uomo però può tenere imbrigliata Bella che nel suo viaggio tra Lisbona, Alessandria e Parigi sperimenta la Vita in maniera totale, appagando tutti i suoi desideri e aspirazioni scevra da qualsiasi imposizione sociale.
Il mondo creato da Lanthimos è affascinante e visivamente appagante. L’ambientazione ottocentesca vittoriana con contaminazioni steampunk e i pomposi costumi barocchi che rispecchiano la crescita di personalità della protagonista conferiscono un clima surreale, consueto per il regista ma questa volta con una massiccia spruzzata di colore. Emblema del grottesco è Il padre/dio Godwin Baxter del sempre magistrale Willem Dafoe. Le cicatrici, i macchinari e i suoi animali bizzarri conferiscono un tono da horror visionario alla prima parte della pellicola.
Al centro di tutto però c’è la Bella Baxter della strepitosa Emma Stone, per la prima volta anche nel ruolo di produttrice, che ha donato anima e corpo alla causa. Bella come la Creatura del Dottor Frankestein è vista come un mostro, ma non per l’aspetto fisico quanto per la sua personalità. Un corpo da donna adulta ma senza nessun tipo di vincolo sociale o religioso che la portano ad assecondare fino in fondo ogni suo desiderio, riuscendo ad essere immune alla visione e le pressioni che i personaggi maschili proiettano su di lei. Emblematica è la tragicomica evoluzione del Wedderburn di un solido Mark Ruffalo.
L’inflazionata satira sulla società patriarcale si scrolla di dosso gli eccessi della cultura woke e si mixa efficacemente in una narrazione mai pesante, a volte forse un po’ eccessiva ma con notevoli spunti comici.
Il sesso come forma di controllo onnipresente nei film di Lanthimos anche qui la fa da padrone e da una impronta decisa a tutta la pellicola.
Il regista quindi confeziona l’ennesima opera maxima da vedere assolutamente al cinema, cosi bella che gli perdoniamo anche qualche grandangolo e zoomata di troppo.