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SICCITÀ | Recensione del film di Paolo Virzì

Paolo Virzì torna al cinema corale con Siccità, film fuori dagli schemi presentato alla mostra di Venezia che si confronta con le tematiche distopiche e apocalittiche, poco frequentate dal cinema italiano.

Siamo in una Roma in cui non piove da tre anni. Intorno a un Tevere ormai prosciugato si intrecciano le storie di un gruppo di personaggi alle prese con una nuova normalità. Mentre mancano poco più di una decina di giorni all’interruzione della somministrazione pubblica dell’acqua, i personaggi del film fanno i conti con la propria vita personale.

Paolo Virzì ha chiamato a raccola un cast ampio e variegato composto da attori consolidati come Valerio Mastandrea, Silvio Orlando, Claudia Pandolfi, Vinicio Marchioni e Monica Bellucci, e nuove leve come Sara Serraiocco ed Elena Fanelli. Un gruppo corale in cui nessuno è protagonista e tutti si alternano e intrecciano in un unico grande flusso di storie.

Come già dimostrato in Ferie d’agostoIl capitale umano il regista livornese si trova perfettamente a proprio agio a dirigere ampi gruppi di interpreti. Con Siccità il suo racconto si fa ancora più frammentato e ricco di livelli e riferimenti. Una trama così vasta sarebbe tranquillamente potuta diventare una serie tv.

In questa recensione di Siccità vale la pena sottolineare come Virzì sia riuscito a sintetizzare le vicende della pandemia che stiamo vivendo in un racconto di fantasia. Anche senza mai fare riferimento diretto al Covid ci troviamo di fronte a una vicenda che pesca a piene mani dall’esperienza collettiva di mascherine, congiunti, scienziati superstar in tv e dirette Instagram che inneggiano alla responsabilità.

Ha avuto sicuramente un ruolo importante accanto a lui Paolo Giordano. Lo scrittore di La solitudine dei numeri primi ha raccontato con lucidità l’evoluzione del Covid sul Corriere della Sera sin dal febbraio 2020. Affiancando Virzì nella stesura del soggetto ha portato nel film la sua capacità di analisi e di razionalizzazione.

Siccità diventa una metafora e un avvertimento di quello che potremmo vivere nei prossimi anni. Senza voler lanciare moniti moraleggianti, il racconto di fantasia assume presto i contorni della profezia. Esattamente come per la pandemia, però, nonostante tutto la vita continua ad andare avanti. Roma, per esempio, resta sempre Roma, anche senza Tevere. La corruzione è sempre la stessa, così come l’ipocrisia e le sue contraddizioni.

Con il suo nuovo film, Paolo Virzì dimostra di essere un autore maturo pronto a misurarsi con ogni genere. Siccità è una gloriosa anomalia nel cinema italiano degli ultimi anni, innovativo e classico allo stesso tempo.

(Siccità, di Paolo Virzì, 2022, drammatico 124’)