Sound Of Freedom, il thriller d’azione che vede il ritorno al cinema di Jim Caviezel (La passione di Cristo), ha affrontato diversi problemi prima di arrivare in sala. Il regista messicano Alejandro Monteverde lo ha realizzato cinque anni fa ma il film ha visto la luce negli Stati Unito solo lo scorso luglio (qui da noi uscirà tra poche settimane grazie a Dominus Production) non senza polemiche dovute al tema delicato di cui parla, la tratta di bambini vittime del turismo sessuale.
Nonostante sia stato fortemente osteggiato (non abbiamo ben capito da chi, anche se il dito è puntato verso i Paesi occidentali), il film indipendente ha avuto un successo clamoroso incassando oltre 200 milioni di dollari in tutto il mondo. Mettendo da parte i presunti complotti, Sound of Freedom – Il canto della libertà è un discreto thriller (non proprio d’azione) che punta i riflettori su uno degli argomenti più bui della nostra società di cui non si parla abbastanza. In effetti facciamo fatica a ricordare un film che affronti questo tema.
Dopo aver salvato un bambino da spietati trafficanti di bambini, l’agente federale Tim Ballard (Caviezel) scopre che la sua sorellina è ancora prigioniera e decide di imbarcarsi in una pericolosa missione per salvarla, mettendo a rischio la sua stessa vita pur di liberarla da un destino peggiore della morte.
Innanzitutto, è doveroso ricordare che Sound Of Freedom è basato su una storia vera, quella di Tim Ballard, fondatore di Operation Underground Railroad, un’organizzazione no-profit impegnata a scoprire le reti di sfruttatori e pedofili. E questo fa tutta la differenza sull’impatto che ha la storia. L’obiettivo principale del film (oltre a quello ovvio di incassare soldi) è sensibilizzare gli spettatori, più in generale le opinioni pubbliche e i politici occidentali, su questa grave piaga che coinvolge milioni di bambini sfruttati da organizzazioni criminali senza scrupoli.
Ci ha colpito molto una frase del protagonista che più o meno recita così: “Una dose di cocaina può essere venduta una volta sola, un bambino può essere venduto decine e decine di volte per moltissimi anni”. Il film è pieno di queste frasi ad effetto che non sono superflue e buttate lì a caso, ma servono a spiegare in modo semplice ed efficace che esiste ancora oggi un gigantesco problema di schiavitù in rapida espansione e che coinvolge tutti noi.
La forza della pellicola è negli sguardi impauriti dei piccoli protagonisti che vengono rapiti. Il film non mostra scene di violenza esplicita ma lascia intendere chiaramente l’orrore e l’inferno che i bambini subiscono dietro a quelle porte e tende. Il pugno allo stomaco arriva e non lascia indifferenti.
Jim Cavaziel interpreta il protagonista con grande intensità. La telecamera si sofferma spesso sui suoi occhi lucidi, che trasmettono sia il dolore che si ritrova ad affrontare sia la determinazione ad andare avanti ad ogni costo. A fargli da braccio destro troviamo un convincente Bill Camp nei panni di Vampiro, un ex membro del cartello pentito che compra i bambini per liberarli dalla schiavitù.
La seconda parte del film ci ha convinto di meno, l’abbiamo trovata più debole a causa di una scrittura che si prende delle grosse libertà per rendere il film un pò più vivace. Le pochissime scene d’azione sono del tutto superflue, poco incisive e spezzano il ritmo della narrazione che tutto sommato scorre senza problemi nonostante una durata fin troppo generosa.
Sound of Freedom è un’opera commovente e a tratti avvincente, nel complesso ben realizzata con una regia solida, una fotografia curata e con ottime interpretazioni. È un film importante e coraggioso che può aiutare a sensibilizzare il pubblico su un problema grave e poco conosciuto come quello della violenza sessuale sui minori. È un peccato che la distribuzione in sala sia limitata solo al 19 e 20 febbraio.