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THE SUBSTANCE | Recensione del film di Coralie Fargeat

Il secondo lungometraggio di Coralie Fargeat, The Substance, rappresenta un’immersione inquietante nel mondo del body horror. Con questo suo primo film in lingua inglese, la regista francese ci consegna un incubo viscerale, una denuncia esplicita e senza mezzi termini della nostra ossessione per l’eterna giovinezza e la bellezza a tutti i costi.

Nonostante non sia certo il primo a esplorare questo tema (basti pensare a La morte ti fa bella di Zemeckis), The Substance si distingue per la sua audacia e la sua brutalità visiva, che non lasciano spazio a interpretazioni. Fargeat affronta il tema con una sincerità disarmante, portando sullo schermo un ritratto impietoso di una società vuota ossessionata dall’apparenza.

Il riconoscimento ottenuto al Festival di Cannes, con il Prix du scénario, è una testimonianza del valore della sceneggiatura e della forza della regia di Fargeat, che con The Substance ha realizzato un film coraggioso e provocatorio, destinato a lasciare un segno nel panorama cinematografico.

The Substance ci proietta nel mondo di Elisabeth Sparkle, ex star di Hollywood che compiuti 50 anni vede la sua carriera ormai al capolinea. Disposta a tutto pur di non essere dimenticata, si aggrappa a una soluzione estrema: un misterioso siero che promette di riportarla ai fasti del passato. Ma la giovinezza ha un prezzo, e Elisabeth dovrà confrontarsi con le conseguenze delle sue scelte.

Demi Moore offre un’interpretazione straordinaria e coraggiosa nel ruolo di Elisabeth, mettendo a nudo l’anima tormentata di una donna sola e disperata. L’attrice si dona completamente, corpo e anima, in una performance intensa e toccante, lontana dall’immagine di sex symbol degli anni novanta. A lei fa da contraltare la raggiante Margaret Qualley (anche lei straordinaria), nei panni di Sue, la versione più giovane e ambiziosa di Elisabeth. Entrambe offrono prove folgoranti, mettendo in scena due facce della stessa medaglia: esplorano, infatti, i lati più oscuri dell’ambizione e del desiderio di approvazione, che sfociano in un’ossessione compulsiva.

La precaria situazione mentale e professionale di Elisabeth, acuita da un capo senza scrupoli e privo di empatia, conferisce al film un tono estremamente grottesco. L’interpretazione di Dennis Quaid è magistrale: il suo personaggio, viscido e narcisista, si appropria della scena con battute volgari e sessiste che lo rendono tanto detestabile quanto irresistibile. Il suo comportamento sopra le righe ci permette di comprendere a fondo la disperazione di Elisabeth e di giustificare la sua scelta estrema di assumere “la sostanza”.

The Substance consolida la posizione di Coralie Fargeat come una delle registe più audaci e innovative del panorama cinematografico europeo. Dopo averci sconvolti con il bagno di sangue finale del suo esordio, la regista francese ci trascina in un nuovo universo viscerale e sensuale, un cocktail esplosivo di stile, provocazione e un’estetica minimalista inconfondibile. L’ambientazione, un omaggio all’eccesso degli anni ’80, diventa fondamentale, con scenografie e costumi sgargianti e luminosi che rievocano le atmosfere di Revenge. Immagini visivamente potenti e ipnotiche, cariche di tensione e perversione, sottolineano l’esplorazione di temi oscuri e provocatori.

Fargeat, con una maestria indiscussa, orchestra una sinfonia visiva di grande impatto. I primi piani ossessivi sulle parti del corpo diventano quasi dei ritratti anatomici, denudando le anime e amplificando la vulnerabilità dei personaggi. I grandangoli, deformando lo spazio, innescano un senso di disorientamento e claustrofobia, proiettando lo spettatore nel cuore dell’azione.

Il colore, elemento cardine della narrazione, dipinge una tela di contrasti violenti. Il rosso sangue dei corridoi della rete televisiva, simbolo di violenza e potere, si scontra con il bianco asettico del bagno, emblema di purezza e innocenza, creando una dialettica visiva che riflette la dualità del mondo rappresentato: la mascolinità tossica e la fragilità femminile.

La colonna sonora, pulsante e invasiva, è un altro elemento importante. Si intreccia in modo indissolubile con le immagini e la narrazione, amplificando il disagio e accompagnando lo spettatore in un crescendo di tensione verso un climax surreale e inaspettato. L’epilogo, grottesco e provocatorio, lascia lo spettatore sbalordito, offrendo una riflessione amara e disturbante sulla nostra società.

The Substance è un horror psicologico che ci costringe a confrontarci con le nostre più profonde paure, in particolare quella dell’invecchiamento. La regista francese ci offre un ritratto spietato di una società che trasforma la bellezza in una maledizione, dove la donna è costretta a sacrificare la propria identità sull’altare dell’eterna giovinezza. Attraverso un body horror disturbante, il film denuncia i canoni estetici imposti dalla società dello spettacolo, trasformandoli in una trappola mortale senza via di uscita.

(The Substance di Coralie Fargeat. 2024, body horror, Regno Unito, 140′, I Wonder Pictures)

Autore dell'articolo: moviedigger