I primi film di M. Night Shyamalan ci hanno abituati a colpi di scena inattesi e storie sorprendenti, da Il sesto senso a The Visit. Con Trap, il regista si cimenta in un esperimento audace, unendo il thriller psicologico al musical. Un connubio senza dubbio originale che, pur non convincendo pienamente, dimostra la volontà del regista indiano di esplorare nuovi territori e di uscire dagli schemi che lo hanno reso celebre. Un mix intrigante sulla carta, ma che nella pratica non sempre convince.
La trama ruota attorno a Cooper (Josh Hartnett), un padre amorevole che nasconde un oscuro segreto: è il serial killer noto come “Il Macellaio”. Quando accompagna la figlia ad un concerto, si ritrova in una trappola organizzata dall’FBI per catturarlo. Shyamalan, con una mossa inusuale, svela subito le carte, anticipando il classico “twist” che caratterizza i suoi film.
La prima parte della pellicola, incentrata sul concerto, è indubbiamente la più riuscita. L’atmosfera elettrica, la tensione crescente e l’ottima interpretazione di Hartnett nel ruolo del padre amorevole con la figlia e preoccupato per la situazione creano un’atmosfera avvincente e di attesa. Shyamalan gioca abilmente con il punto di vista del serial killer, proiettando lo spettatore nella sua mente fredda e calcolatrice. Tuttavia, questa scelta stilistica, seppur audace, non sempre funziona a pieno e lo spettatore si ritrova disorientato. Il montaggio frenetico trasmette l’agitazione crescente del protagonista e quella sensazione di essere spalle al muro e senza vie di uscite ci accompagna fino alla fine del concerto.
La musica, interpretata dalla figlia del regista, Saleka Shyamalan, è un elemento cardine del film. Le canzoni originali e il pubblico sugli spalti creano un’atmosfera suggestiva e contribuiscono a rendere l’ambientazione del concerto particolarmente intensa e credibile. Tuttavia, la musica sembra quasi un elemento a sé stante, che non si integra perfettamente con la narrazione. A tratti, si ha l’impressione di assistere ad un lungo videoclip promozionale più che ad un film.
La seconda parte della pellicola, dedicata alla fuga del serial killer, è purtroppo la meno convincente. La tensione accumulata si dissolve rapidamente, lasciando spazio a situazioni inverosimili e a un finale affrettato. Tutti gli escamotage escogitati da Cooper per sfuggire all’FBI risultano poco credibili e a volte ridicoli, compromettendo l’immersività dello spettatore che deve fare i conti con un burrascoso risveglio.
Trap è un film ambizioso, che non può essere liquidato come un semplice fallimento. Shyamalan osa, sperimenta e ci propone una visione originale del genere che tanto ama. Tuttavia, l’eccessiva enfasi sulla componente musicale, la debolezza della seconda parte e il pessimo finale finiscono per penalizzare l’opera nel suo complesso. Purtroppo Trap è l’ennesima opera (recente) di Shyamalan che lascia l’amaro in bocca.